Colori e Magia nel Sogno di Circe

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Colori e Magia nel Sogno di Circe

Sono fiori, sono stelle, sono punti di luce? Sono gocce, sono segni, sono paste, sono graffi di colore? I dipinti di Cinthia Pinotti sono tutto di quel tutto che è, che si vede, che compare in quel limen di superficie che separa l’artista dal mondo. Sono il velo che squarcia l’io dal resto mondo, sono il mondo prima di essere mondo e il mondo al rovescio, prima della fine. Più che “il tutto in frammenti”, questi quadri ci parlano di un tentativo di ricomporre l’universo in un tessuto di luce che segna l’attimo, in una folgore che esclude tutto ciò che era prima e tutto ciò che sarà dopo, perché qui tutto è, tutto si origina.

Il precipitato della sua pittura di-segna il caos delle forme, tracciando le geografie dell’universo e ricucendo nella tela i punti dello spazio infinito, perché ad esso è destinata. Lucio Fontana una volta scrisse: “io buco. Passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere”. E per Pinotti la sua di luce passa attraverso il colore, ossia quei microcosmi di segni e di materie che si fanno di volta in volta rivelazione del mondo, epifania dell’universo, premonizione del tempo infinito.

La sua pittura è una folgore. “Il visitatore – ha scritto Claudio Strinati – può soltanto notare come i quadri della Pinotti siano pensati e formulati quali trasposizioni astratte di uno sguardo che appena si posa sulla realtà circostante, lo distoglie subito per riprodurre sulla tela soltanto gli echi di quello stesso senso di fugacità con cui le cose del mondo vengono sempre inevitabilmente viste. Spesso non ci si pensa ma la maggior parte delle percezioni che noi abbiamo nel corso di una normale giornata in qualsivoglia parte del mondo, all’aperto o al chiuso, sono veloci se non velocissime”.

In realtà i tempi della pittura non sono mai commensurabili con i tempi del racconto. L’Alice di Lewis Carroll, ad esempio, traspone nel suo meraviglioso mondo il rovescio della realtà, facendo delle forme il principio del loro opposto e degli opposti il loro principio. Come Alice, anche Cinthia Pinotti nel suo mondo racconta solo ciò che è, ciò che per lei è e che vede di trasfigurato. La sua pittura è un arcobaleno di colori che nascono e si riproducono più che per chimiche, direi per grafie alchemiche. “Analizzando nel particolare la superfice pittorica di molti suoi dipinti – ha scritto Franco Luccichenti – sembra formata da “cellule cromatiche” che si aggregano secondo una regola nascosta che è in grado di esprimere al massimo la potenza espressiva della luce e del colore che la luce sostanzia. Ci troviamo di fronte ad una “scrittura pittorica” che è insieme tessuto narrativo e immagine. Una scrittura antica indecifrabile i cui caratteri sono grumi di colore scanditi nel tempo e nello spazio bidimensionale della tela. La capacità combinatoria dei segni ha in se un principio di indeterminazione che sperimentando le possibilità infinite delle combinazioni apre a spazi finiti ma illimitati”.

L’arte del XXI secolo si è aperta con dubbi laceranti e possibili speranze. Sinceramente non possiamo affermare alcun esito circa il futuro del mondo, se non seguire le tracce degli artisti, frugare nei loro umori, seguendo il sentiero delle loro mollichine di pane lasciate nel bosco della vita. E così che mi piace vedere la pittura di Cinthia Pinotti: una traccia di piccoli segni di un possibile spiraglio di luce.

 

Alessandro Masi – Dal commento sulla mostra Colori e Magia nel Sogno di Circe